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Disturbi Specifici dell’Apprendimento: come aiutare gli studenti

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Il Disturbo Specifico di Apprendimento è una vera e propria caratteristica personale nel quadro di una intelligenza normale, perché se fosse più bassa della media potremmo avere quello che chiamavamo Disturbo Cognitivo Borderline – oggi definito Funzionamento Intellettivo Limite – e se quel limite si abbassasse ulteriormente saremmo in presenza di una Disabilità intellettiva. In sostanza, i Bisogni Educativi Speciali vengono racchiusi, con molte sfumature al loro interno, in questa triade. Mario, Giovanni, Antonio, Alessio non sono il dislessico, il disgrafico, il discalculico, il disortografico ma delle persone con difficoltà nell’attenzione, nella memoria, nella pianificazione dei comportamenti. La loro mancanza di efficacia nei compiti cognitivi ha un carattere genetico.

La diagnosi

La diagnosi, nella maggior parte dei casi, arriva alla fine di un percorso difficile e doloroso durante il quale bambini, ragazzi e famiglie si sono scontrati contro l’impossibile. Ancora oggi, il Disturbo specifico è scambiato per una malattia, così che attraverso l’esercizio si possa imparare a leggere e far di conto.  Purtroppo questo non accade e tale scotto viene scambiato per pigrizia e svogliatezza.  Una diagnosi non è la panacea di tutti i mali, ma semplicemente è la bussola che può in-di-segnare la strada agli insegnanti e alla famiglia, come una mappa. La minuziosità di un’osservazione clinica dà la possibilità alla scuola non di entrare in competizione con essa, ma di fornire un affiancamento per comprendere alcuni processi psicologici e tradurli in strategie didattiche.

La fragilità di molti di questi alunni segna quella frontiera dietro la quale il motto è “Non lasciare indietro nessuno!” L’eredità di Don Milani racchiusa nel suo I Care va proprio nella direzione di dare a ognuno secondo un principio di equità, mettendo al centro solo e soltanto l’alunno. 

Il Piano Didattico Personalizzato

La scuola può intervenire attraverso la personalizzazione dell’insegnamento/apprendimento, utilizzando l’attivazione di un percorso specifico con la conseguente compilazione di un Piano Didattico Personalizzato.

La legge 170 del 2010 affronta anche tutto il capitolo dei metodi compensativi, ossia di quelle strategie efficaci che possano permettere l’automatizzazione dei processi di decodifica (mappe mentali e concettuali, schemi, formulari, tavole sinottiche, schemi e calcolatrice). Queste modalità non rappresentano né una facilitazione, in quanto non rendono più facile lo studio della materia, né vantaggio, perché chi le utilizza non è in una posizione privilegiata rispetto agli altri.

Progetti di prevenzione

Sarà fondamentale, inoltre, che le Istituzioni scolastiche sviluppino progetti di prevenzione fin dalla Scuola dell’Infanzia, affinché gli alunni possano essere precocemente diagnosticati o potenziati con delle strategie di sviluppo. Infatti, l’individuazione di uno studente con Disturbo di Apprendimento nella Scuola Secondaria di Primo e Secondo grado porterà con sé il “fallimento” scolastico e familiare con risvolti negativi nello studente sul piano emotivo e a livello di autostima. Scoprire che le difficoltà a livello scolastico erano dovute non alla cattiva volontà dell’allievo, ma a un disturbo genetico dà origine a un grosso conflitto nei confronti di tutte quelle figure che non avevano capito l’origine del problema. La coppia genitoriale spesso entra in una crisi profonda per non aver compreso in tempo e aver permesso al figlio di “gettare la spugna”. Siccome l’individuazione può interrompere quelle aspettative di sviluppo generate all’inizio del percorso scolastico, la scuola e la famiglia devono far fronte all’ansia, alla frustrazione, al senso di inferiorità, alla rabbia, ai sentimenti depressivi dello studente. Intervenire significherà quindi non solo organizzare una didattica compensativa, ma anche di tipo inclusivo, cercando di evitare altri effetti, quali iperattività, deficit di attenzione e ansia. Sarà necessario ancora sviluppare il senso di autoefficacia affinché lo studente possa acquisire competenze metacognitive, come la conoscenza strategica e le procedure di controllo, importanti per regolare la propria attività cognitiva di studio (Cornoldi, 1995; Moè, De Beni, 1995). L’autoefficacia, infatti, potenzia i benefici della motivazione, dell’apprendimento e del rendimento scolastico, favorendo il superamento delle difficoltà.

Cornoldi afferma che il primo strumento compensativo è proprio la ricerca di un buon metodo di studio, ossia quel sistema di processi autoregolativi – e dunque intenzionali – che richiedono l’elaborazione del materiale a disposizione per apprendere e ricordare le informazioni, secondo uno schema prefissato e “ridondante”. Tale schema consente allo studente di imparare a gestire in modo efficace i processi cognitivi utilizzati, diventandone man mano consapevole, mentre affronta compiti scolastici e non. Il processo che segue riguarda il saper valutare, da parte del docente, lo sviluppo “in fieri” dello studente, salvaguardando i suoi successi, ad esempio non sottolineando e valutando gli errori ortografici, valutando scritto e orale non per la forma ma per il contenuto, valutando ciò che si sa e non ciò di cui si è carenti, valutando secondo un’ottica metacognitiva. A scuola si può arrivare a tale risultato se si comprende la processualità che precede la valutazione, ossia interventi compensativi mirati alla riduzione degli effetti negativi del disturbo e concepiti come una impalcatura per costruire e/o rafforzare i processi di apprendimento.

Azioni scuola-famiglia

Per finire, si possono enunciare una serie di azioni che permettono di trovare alleati la scuola e la famiglia, sviluppando potenziali progressivi di coerenza, integrazione e inclusione, al fine di:

  • favorire la comprensione della lezione ricorrendo a schemi o mappe;
  • anticipare la lezione con materiale che ne desti la curiosità;
  • consegnare il materiale stampato con caratteri che ne rendano possibile la lettura;
  • spiegare il compito da svolgere a voce;
  • favorire esperienze didattiche che mettano in luce il successo formativo;
  • programmare le interrogazioni evitando di sorprendere l’alunno impreparato;
  • considerare gli sforzi di interi pomeriggi a leggere e a svolgere i compiti per casa;
  • permettere di usare durante i compiti scritti formulari, tavole sinottiche, schemi e calcolatrice;
  • garantire serenità durante le verifiche con tempi aggiuntivi o con la riduzione del numero di esercizi;
  • permettere l’uso di mappe e schemi durante le interrogazioni orali;
  • dispensare dalla scrittura veloce sotto dettatura;
  • non considerare gli errori ortografici;
  • ridurre la lettura ad alta voce in classe, a meno che lo studente non la desideri;
  • dare l’opportunità allo studente di esprimersi al meglio, considerando la verifica orale non come integrazione di una verifica scritta andata male, ma come compensativa e quindi valida ai fini della valutazione.

Salvatore Sasso

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